Allenamento estremo in lago

Allenare la pesca estrema, a profondità proibitive in condizioni spesso di scarsa visibilità e basse temperature richiede una metodologia particolare.

Oltre al normale allenamento in piscina, palestra e in outdoor, aggiungo delle prove di apnea statica in profondità in lago.

Ho scelto il Lago di Bracciano, vicino Roma in quanto questo lago vulcanico non è soggetto alle problematiche meteo e di correnti del mare aperto ed è subito profondo vicino riva.

Per contro, le condizioni di allenamento sono più estreme di quelle che normalmente si trovano in mare.

La temperatura in superficie è molto variabile con la stagione, tra i 12°C  ed i 29°C . Mentre in profondità oscilla poco, tra 9°C  ed 11°C, a differenza di quella marina che si assesta tutto l’anno tra i 14°C ed i 16 °C  al di sotto dei 40 metri.

 

Ma la cosa più problematica è la visibilità. Oltre i 20-25 metri il buio è totale. La sospensione di alghe e materiale organico intorbidisce l’acqua già nei primi metri donandole una dominante verde e costituendo una barriera naturale alla luce solare. Inoltre il fondale è fangoso e basta un piccolo movimento per intorbidire tutto e darti la sensazione di fluttuare nel nulla.

 

Allenare la mente

È buio, è freddo, è profondo.

Sono sul fondo a 30, 40, 50m. ho solo voglia di respirare, di risalire. Sento i battiti del cuore che rallentano. I movimenti sono assenti.
Chiudo gli occhi e mi focalizzo sul mio cuore: gestisco le contrazioni del diaframma e la voglia di respirare solo con la volontà e scacciando la paura del pericolo.
Apro gli occhi a tratti, vedo a malapena. È il mio profondimetro che scandisce il tempo. Finalmente il fondo fangoso intorno a me: disabitato e tetro dove sono io l’unica forma di vita cosciente.

Sto bene, mi ripeto. Sono calmo, ho ancora tempo prima di risalire.

Il freddo penetra la muta schiacciata dalla pressione. È intenso ma non intacca la mia concentrazione.
Provo ancora ad esplorare con lo sguardo, ma il fondale intorno a me si vede appena: è un paesaggio desolato e buio eppure è affascinante stare li sotto.

È tempo di risalire mi ripeto guardando la cima guida in controluce.

Allenare il corpo

Durante i mesi invernali e primaverili ho poche occasioni di fare immersioni profonde in mare per questo ho bisogno di mantenere in esercizio la mia abitudine alla profondità.
Compensazione, blood shifting, schiacciamento della gabbia toracica sono elementi che vanno tenuti in costante esercizio, proprio come tutto il resto.

Non devo disabituarmi a tutte le sensazioni che accompagnano un tuffo fondo.

Devo impedire che da normali diventino spiacevoli, che mi creino una tensione emotiva negativa.

Corpo e mente devono sempre viaggiare insieme.

Per questo cerco di mantenere l’abitudine di fare almeno un paio di allenamenti in lago al mese nei mesi da febbraio a giugno e poi da settembre a novembre.
In ogni sessione ripeto tuffi in assetto constante ad una quota prestabilita, almeno 30 metri, facendo una pausa più lunga possibile sul fondo e cercando lì il massimo rilassamento.

È interessante osservare come il tempo totale di apnea di ciascun tuffo progredisce all’aumentare degli allenamenti che faccio, come se il corpo man mano si sentisse sempre di più “a casa” sott’acqua.

Considerando il grado di esperienza accumulato negli anni e gli sforzi costanti per ottenere una preparazione fisica e mentale solida, la progressione del tempo di apnea dipende dal mio grado di adattamento alla situazione, al grado di tranquillità e confidenza che riesco ad ottenere verso l’estremo.
Per questo motivo alleno anche la mente a riconoscere le reazioni del corpo, a non farsi vincere dalla paura dell’ignoto e a saper valutare sempre il tempo che resta la cosa più importante in una sfida che ha sempre e comunque un limite.