Il relitti estremi della Calabria: Henry Desprez

La Henry Desprez è una sfida. Una di quelle che amo di più. -72 metri di profondità a un miglio dalla costa calabra. Visibilità non ottimale e corrente. Il fondale sabbioso dove è adagiato il relitto lo trasforma da ammasso inerte ad aggregatore di vita. Le specie ittiche, stanziali e non, lo vedono come un’oasi in un deserto. Ci danzano in torno, e gli ridanno colore. La probabilità di trovare pesce di mole è altissima.

Quando si affronta il mare in maniera estrema come faccio io non lo si può fare da soli. Il mare va rispettato e temuto. Con lui non puoi mai calcolare tutte le variabili ed è per questo che mi avvalgo di amici che hanno la mia stessa passione per l’estremo e hanno la competenza giusta per cooperare con me in un tipo di pesca unico al mondo. Gianni, Giampaolo ed Alessandro mi affiancheranno in questa avventura.

EcoscandaglioCarta Nautica

La giornata è splendida e il mare calmo, mi concedo pochi minuti per ammirare il panorama e poi utilizzo le 18 miglia di navigazione dal porto più vicino per concentrarmi. Sarò il primo sub al mondo a scendere in apnea sul relitto e questo mi emoziona, ma si tratta comunque di una prova che affronto con me stesso. Respiro e preparo il corpo a trattenere la giusta quantità d’aria. Una volta sul fondo non avrò che pochissimi istanti per individuare e colpire una preda. Pescare in apnea è soprattutto misurare il tempo per ogni movimento e valutarne il costo in termini di ossigeno. Arrivati sul posto perlustriamo la zona con l’ecoscandaglio che immediatamente ci rivela la sagoma della nave che dai -70 risale fino ai -54. Avevamo studiato bene! La corrente in superficie è un po’ forte e rende le operazioni difficili. Posizioniamo dei pedagni in corrispondenza della poppa e della prua per avere un doppio riferimento. Facciamo un altro giro e l’ecoscandaglio segnala la presenza di pesce grosso…

In ogni sfida, studiare l’avversario è fondamentale. Essere impreparati sarebbe troppo rischioso. I relitti, proprio per il loro grande potere catalizzatore, sono meta di chi fa pesca industriale. La presenza di reti o lenze abbandonate potrebbe risultare letale per un sub, specialmente in acque torbide. Immaginate di rimanere incagliati anche per solo qualche secondo a -60 metri, in apnea, solo…! certo tra le mie attrezzature c’è un taglia-sagola pronto all’uso… ma la verità è che la probabilità di cavarsela in una tale circostanza è veramente bassa. Dalla poca documentazione reperibile identifichiamo due zone interessanti: il castello di prua posto a -54 metri con la migliore visibilità e la coperta di poppa a -60 metri. La zona è interessata da correnti di media intensità: questo da un lato crea una maggior difficoltà nelle immersioni e nelle operazioni di assistenza, dall’altro dà maggiori opportunità di trovare pesce di passo come ricciole, tonni, palamite, etc… dalle chiacchierate fatte con alcuni pescatori del posto si parla di belle catture e non vedo l’ora di provare anche io. È ora di prepararmi.


Sarò il primo sub al mondo a scendere in apnea sul relitto e questo mi emoziona, ma si tratta comunque di una prova che affronto con me stesso.


È ora di scendere in acqua. Decidiamo prudentemente di iniziare con qualche tuffo di perlustrazione intorno al pedagno principale, sul castello di prua della nave. Vediamo com’è la visibilità in acqua, vediamo se ci sono lenze e reti abbandonate in bando… Il primo impatto guardando la cima del pedagno che sprofonda nel nero, è allo stesso tempo inquietante e affascinante. Quella cima correrà giù fin sopra il punto più alto del relitto, a -54 metri. L’acqua è di un colore blu nero, limpida. I raggi del sole convergono e si perdono verso la profondità e l’ignoto…

Qualche tuffo li intorno ai -30 -40 metri mi fa capire che la via è sgombra, si può scendere giù finalmente! Prepariamo le attrezzature per la discesa in variabile: è il primo tuffo fino al “ferro”, non so cosa troverò esattamente.


Pescare in apnea è soprattutto misurare il tempo per ogni movimento e valutarne il costo in termini di ossigeno. I raggi del sole convergono e si perdono verso la profondità e l’ignoto…

Dai documenti risulta che il relitto è poggiato sul fango in assetto di navigazione: questo significa che la larghezza utile dell’area sulla quale devo tuffarmi è di pochi metri, inoltre il primo tuffo voglio farlo sul castello della nave senza incrociarmi con il cavo del pedagno. In tutto questo c’è corrente moderata in superficie e quindi il gommone tende a spostasi dal punto preciso dove vogliamo arrivare sul fondo. Per arrivare giù servono circa 50 secondi. Di questo tempo bisogna tener conto perché durante il tuffo la corrente tende a spostarti fuori dalla sagoma del relitto, ovvero sul fango a oltre -70metri!


Sembra un’equazione matematica con troppe variabili per essere risolta ed ecco perché non sono da solo!


A questo punto subentra la maestria di Gianni: non so come ma lui riesce manovrare il gommone controcorrente, a tenere i tempi e a farmi tuffare al momento giusto e nel punto giusto in modo che io riesca ad arrivare esattamente giù sul punto prefissato con un errore di pochissimi metri!


3,2,1 via! Inutile commentare… le immagini rendono bene l’idea.


Non scorderò mai quel primo tuffo! Mi tiro a braccia lungo il cavo guardando in basso e cercando di scorgere qualcosa ad ogni metro che avanzo… nulla! Incrocio 2-3 lenze incagliate intorno alla cima del pedagno a diverse profondità: queste lenze sono ben visibili per fortuna e sono fluttuanti spinte dalla corrente. Annoto mentalmente che devo stare attento in risalita. Incrociarne una e rimanerci “legato” non è una buona cosa! Intorno ai 30 metri, entro in uno strato di acqua torbida, la visibilità è ridotta a qualche metro (non più di 10!). L’atmosfera si fa decisamente cupa e tetra… Mi fermo a circa 40m, guardo giù: c’è scarsa luce, si intravede qualcosa, ombre… eppure mancano solo 10 metri. Manca la luce, ma il relitto è li, a pochi metri.

Ed è lì che arriva la solitudine. Non ci sono suoni che ti accompagnano, non c’è un riferimento visivo che ti faccia orientare, ma solo tu, l’aria nei tuoi polmoni e l’abisso. Non c’è tempo però per riflettere, ogni secondo perso nella discesa è un secondo in meno per la risalita.


Poi però il relitto appare ed è come essere entrati in un altro tempo, un altro luogo, fantastico! Nella parte finale della discesa, vicino al castello del relitto, aquile di mare fluttuano intorno quasi a sorvegliare il luogo. Decine di dotti di grande mole nuotano intorno e dentro le strutture metalliche, insieme ad orate e dentici! Mai vista una tale concentrazione di pesce! Rimango incantato dallo spettacolo ma oggi io sono qui oggi come predatore.


Oggi sono io la ricciola, lo squalo, la cernia, il delfino.

The Deep Wreck

La pesca il apnea a grandi profondità è uno SPORT ESTREMO. I rischi legati a questa pratica possono risultare FATALI anche ad atleti di pluriennale esperienza se non si segue una FERREA DISCIPLINA: sempre in acqua con il COMPAGNO, grande PREPARAZIONE psico-fisica, dotazioni di SICUREZZA e barca d’appoggio, tempi di RECUPERO appropriati, CONOSCENZA APPROFONDITA della disciplina Apnea e dei propri LIMITI, sono elementi essenziali per la mitigazione del RISCHIO MORTE!