Un microcosmo a -58 metri

In questo mare ci sono cresciuto.

Ho indossato qui, in questa fetta di Tirreno, le mie prime pinne e la mia prima maschera.

Estati calde sempre dietro a chi ne sapeva più di me in fatto di mare… di questo mare. Per imparare, per apprendere tecniche non scritte e modi antichi di pescare.

Il blu di questo mare è magnetico e non smetteresti mai di guardarlo. Ti invita a tuffarti, ad immergerti ed è proprio in questo blu che è nata la mia passione per l’apnea. Qui ci sfidavamo con i cugini a chi riusciva a raggiungere il fondo riportando come testimone e come trofeo un pugnetto di sabbia. Riuscire ad arrivare giù era la felicità.

Mentre mi dirigo a largo di Paola, in una secca che fa rialzare il fondale tra i -80 e i -54 metri, mi lascio cullare dai ricordi e dal profumo del mare che è il cuore della mediterraneità.

In questa avventura mi accompagna Gianni che qui c’è nato e ci vive. Lui, oltre ad essere un esperto apneista, è un perfetto conoscitore di questi fondali che sprofondano immediatamente già a poche centinaia di metri dalla costa.


La secca è uno di quei micro sistemi dove la fauna ittica si concentra quasi fosse un oasi nel deserto blu.


Siamo in autunno inoltrato, ma il clima è ancora mite. Eseguiamo qualche tuffo di riscaldamento ed in uno di questi Gianni scova e cattura un polpo ad una ventina di metri di profondità a testimoniare che il giorno è favorevole.

Quando mi immergo l’acqua è torbida per le correnti stagionali che però hanno il potere di attirare i pesci. Arrivo a -58 metri praticamente senza un punto di riferimento. La luce è calata e la visibilità è ridotta, so che non avrò molti tentativi. Il fondale però è una sorpresa. C’è del corallo scuro che ricopre la secca, come sono scure e nere le piccole stelle marine che vedo.


Mi stendo sul fondo e mi guardo intorno meravigliato. Ci sono banchi di dentici e di ricciole. Le guardo muoversi eleganti e leggere come se andassero a rallentatore. Il tempo è sempre il più grande nemico e non posso permettermi distrazioni quaggiù.


A pochi metri da me passa un dentice, non ci penso due volte e sparo. Mi resta poca aria e risalgo in superficie. Sono preoccupato. Il dentice si è infilato fra due rocce e la sagola è incastrata, non riesco a tirarlo. Il rischio di perderlo è fortissimo. Mi tuffo ancora. Nuovamente a -58.

Arrivato in fondo ci metto pochissimo ad individuare il dentice che ancora si muove. Lotto freneticamente con la sagola nel disperato tentativo di liberarla ma non c’è nulla da fare. Devo rinunciare. Tornato in superficie e ascolto il consiglio che mi da Gianni: andare nuovamente giù, sparare un’altra volta al dentice e tagliare la sagola.

Il buio però avanza e fare un terzo tuffo a quella profondità non è cosa da prendere alla leggera. Decido in fretta e mi immergo nuovamente. Arrivato in fondo però il dentice non c’è più!
Non so cosa pensare, ma non ho molte altre opzioni. La delusione è tanta e mentre alzo la testa per tornare in superficie vedo passare un banco di palamite.

Troppo lontane, troppo veloci, ma meravigliosi nei loro riflessi argentei che con la poca luce della sera tendono all’azzurro. Dò un ultima occhiata e incredibilmente il dentice ricompare. Non so se ho aria nei polmoni a sufficienza per risalire, ma lui è lì a pochi metri da me. Inverto la rotta e sparo. Poi risalgo velocemente e arrivo a respirare allo stremo delle forze.


La sfida questa volta è stata con me stesso. Il dentice era quel pugnetto di sabbia che da bambino mostravo sorridente ai cugini felice e spensierato.


Dentex -58m

La pesca il apnea a grandi profondità è uno SPORT ESTREMO. I rischi legati a questa pratica possono risultare FATALI anche ad atleti di pluriennale esperienza se non si segue una FERREA DISCIPLINA: sempre in acqua con il COMPAGNO, grande PREPARAZIONE psico-fisica, dotazioni di SICUREZZA e barca d’appoggio, tempi di RECUPERO appropriati, CONOSCENZA APPROFONDITA della disciplina Apnea e dei propri LIMITI, sono elementi essenziali per la mitigazione del RISCHIO MORTE!