Cattura tra i canyon di Amantea

I fondali di questa parte di Tirreno sono stati sfruttati fino allo sfinimento impoverendo un tratto di mare che offre degli spettacoli unici. Le profondità elevate dei fondali creano delle secche dove la vita cerca in tutti i modi di ritagliarsi uno spazio attaccandosi alle rocce, scavandole per aggrapparsi bene e non venire strappata via.

Quando mi prospettano una battuta di pesca da queste parti accetto perché so che sarà una sfida difficile per le profondità che potrei raggiungere e poi perché mi meraviglio sempre a scoprire nuovi paesaggi in posti che credo, in modo errato, di conoscere come le mie tasche.

Gianni si era informato per giorni con i pescatori del luogo che vanno a traina o a bolentino, incuriosito dai loro discorsi su alcune secche intorno ai -50 metri dove avevano catturato delle cernie. Mi tempestava di telefonate per convincermi, raccontandomi che ci era sceso anche qualcuno con le bombole confermando la presenza delle secche e che queste erano abbastanza estese.


Canyon di roccia e grandi cernie!
Interessante prospettiva quindi!


Non fa molta fatica per convincermi e appena in mare mi dimentico del traffico e della città e lo ringrazio per avermi trascinato in questa avventura. Sono talmente contento che non importa se il primo giorno non troviamo nulla. Avevamo mappato il fondale con l’ecoscandaglio partendo da una batimetrica di -80 metri. A circa un paio di miglia dalla costa individuiamo la secca. Da queste parti l’acqua è limpida perché il fondale è profondo e lontano dalle mareggiate, condizioni ideali per immergersi. Ma nei primi tuffi esplorativi tra i -40 e i -50 metri mi accorgo di quanta corrente ci sia in profondità. Questo mi renderà le cose non semplici quando sarò sul fondo e dovrò restare immobile.
Incontro qualche dentice solitario, qualche dotto ma dove sono le grandi cernie di cui ci hanno parlato? Certo mi viene una rabbia. Siamo fuori stagione, lontano da grandi centri abitati, a queste profondità e il pesce non c’è!


E non è la giornata sfortunata! Infatti torneremo qui qualche altra volta ma la storia si ripeterà tale e quale…

Il terzo giorno troviamo una bella risalita proprio sul bordo lato sud della secca. Qui il fondale risale a -50 -52 metri ma fa belle vallate fino oltre i -60. Sarà per lo meno un bell’allenamento.
Mi tuffo… l’acqua è pulita in superficie, ma come passo i -30 metri entro in una coltre torbida. All’improvviso la visibilità si riduce ad una decina di metri scarsa… peccato, il punto è molto bello.
Mentre sto poggiato sul fondo, tenendo sempre a mente il conto dei secondi che mi serviranno per risalire, scorgodal fianco un movimento di pesce interessante…
Eccola lì! Compare maestosa una grande ricciola in caccia!
Come si avvicina a qualche metro da me, scatta nervosa e impaurita anche se io non mi sono mosso… 
Andata… ma mi rimane l’emozione di un grande spettacolo.
Eppure me lo sento, lei oggi è la regina del posto, è il predatore per eccellenza ed è qui intorno per dimostrarlo, ne sono sicuro… sarà una dura sfida.
Risalgo per prepararmi ad un altro tuffo. Sarà l’unica occasione per prenderla, se fallisco lei non tornerà.


Vado. Durante la discesa succede qualcosa di emozionante: ci incrociamo a mezz’acqua, ci guardiamo durante la mia lenta discesa che facciamo insieme… il duello è iniziato.
Resto più fermo possibile, è nervosa, un mio movimento e potrebbe scappare per sempre. Devo mantenere la calma ed il sangue freddo.

Ecco mancano pochi metri al fondo, ora non posso sbagliare nulla: appena mi poggio giù devo appostarmi immobile e aspettarla. Sono a -54 metri.

Arriva di fronte, è ancora un po’ lontana, aspetto… tiro, presa!!

Comincio la risalita più lentamente di quanto avevo previsto: l’ho colpita, ma purtroppo nella parte bassa, rischio che si liberi. Sarebbe veramente un peccato ed è per questo che procedo lentamente, mentre sento che l’aria inizia a scarseggiare.

In questi casi è bene non forzare la mano: lasciar scorrere il più possibile la sagola dal mulinello, tenendo il pesce in tiro ma senza forzature.  Se il pesce è preso bene in un punto robusto, conviene forzare e non farlo allontanare troppo. Questo per evitare che nella corsa vada a strofinarsi verso chissà quale ostacolo facendo impigliare la sagola…


In questi casi però conviene rischiare che si allontani, forzare significherebbe perderlo. Ed io ho oltre 100 m di sagola rinforzata nel mulinello e non sono solo.

Appena torno in superficie comincia il gioco di squadra. Anche se il pesce è invisibile data la profondità, io lo sento che tira forte. Gianni è pronto e si tuffa. Stiamo rischiando veramente di perdere una ricciola da 30kg. Sono secondi interminabili anche perché sono sfinito e la mancanza di forze allenta anche la concentrazione. Sento però lo scatto del fucile e so che ormai la lotta è finita, come so che da solo non ce l’avrei fatta.

È un esemplare adulto e perciò solitario, un testimone della bontà del nostro mare che è un tesoro che andrebbe rispettato. Sono un pescatore e non faccio retorica inutile, ma il mare andrebbe vissuto e non usato, riscoperto e non abbandonato a sé stesso.

The Great Amberjack

La pesca il apnea a grandi profondità è uno SPORT ESTREMO. I rischi legati a questa pratica possono risultare FATALI anche ad atleti di pluriennale esperienza se non si segue una FERREA DISCIPLINA: sempre in acqua con il COMPAGNO, grande PREPARAZIONE psico-fisica, dotazioni di SICUREZZA e barca d’appoggio, tempi di RECUPERO appropriati, CONOSCENZA APPROFONDITA della disciplina Apnea e dei propri LIMITI, sono elementi essenziali per la mitigazione del RISCHIO MORTE!